A molti di noi piace scrivere, ma ancora di più piace dire agli altri che scriviamo, forse per guadagnarci quell’aura di rispetto di chi ha qualcosa da dire al mondo, forse per mascherare il fatto che non scriviamo più.
Oggi voglio parlare proprio di questo: degli effetti che “ho qualche idea, ho buttato giù qualcosa” e altre frasi simili possono avere, trasformandosi in piccoli serpenti che ti perseguitano per ricordarti la realtà dei fatti, ma voglio dirti anche come si può iniziare a guardare oltre.
Fattene una ragione, non sai più scrivere.
O almeno, questo è quello che potresti pensare di te.
E sì, lo so. Scrivevi in passato, qualche parte orgogliosa di te continua a pensare che tecnicamente scrivi anche ora, ma da quanto tempo non prendi in mano la penna? Un anno, due? Peggio, quattro?
E da quanto tempo hai perso il coraggio anche solo di guardare la pagina bianca del computer, prima che iniziassi a fuggire da quel cursore nero maledetto che scandisce il battito di ogni scrittore?
Per quanto tempo hai intenzione di giustificarti dietro la barzelletta del blocco dello scrittore? C’è una data di scadenza oltre cui ti marchieranno con il timbro rosso dello scrittore ammuffito? Incideranno il tuo nome su una lapide nel cimitero degli scrittori falliti con l’epigrafe “Aveva paura di scrivere male” o, peggio, “Proprio non ce la faceva”?
Perché alla fine si tratta di quello, no?
Del terrore di mettere nero su bianco le tue aspirazioni letterarie e di condannare i timori di fallimento a venire allo scoperto.
Ora che ti sei sfogato, che intendi fare?
E non dirmi “niente”, sul serio, non alzare le spalle e non cambiare discorso.
L’unico mantra che conoscono tutti allo sfinimento, persino chi di scrittura non ne capisce nulla, è “racconta quello che conosci”.
Fai la cosa più banale del mondo, allora. Scrivi di questo.
Arrabbiati, butta giù anche solo cinque parole concitate, ma racconta questo blocco, la tua frustrazione e la tua incapacità di affrontare una passione così importante da diventare anche il tuo più grande nemico che non ti fa dormire la notte.
“Lo scrittore è un uomo che più di chiunque altro ha difficoltà a scrivere.”
Thomas Mann
Parlami del vuoto e dell’angoscia che senti, come sto facendo io ora con te, della rabbia che aumenta ogni giorno di più perché proprio non ce la fai a scrivere ma non puoi farci nulla, e della paura che va a braccetto e ti sussurra che forse potresti non riuscirci mai più. Che il tuo periodo d’oro, se mai ne hai avuto uno, è passato e non lo avevi capito.
Metti da parte per un attimo cos’è che non ti fa scrivere, e dimmi piuttosto: cosa senti? O comunque, senti qualcosa?
Fatti spazio fra quei pensieri tanto confusi, prendine uno e inizia da lì. Prenditela pure con me perché ho osato fare questa domanda e ti ho messo di fronte a una questione scomoda che forse era meglio evitare, come io me la sono presa con me stessa e con i libri di scrittura che leggevo e che avrebbero dovuto aiutarmi, ma mi facevano solo deprimere di più.
Dimmi quello che vuoi, raccontami di quanto ti faccia incazzare che hai sempre troppo da fare e non hai mai tempo per te, e quando finalmente ce l’hai ti disturbano sempre tutti o sei troppo stanco per mettere due parole in fila.
Parlami di questo, scrivi anche solo per dirmi che mi sbaglio e che non è che tutti se la vivano così male come succedeva a me. Che a volte semplicemente non hai ispirazione e non hai niente da dire al mondo. E va bene così.
Un ultimo consiglio banale
Sedere ostinatamente alla scrivania per compiere questa impresa così faticosa, potrebbe portare il tuo sguardo sulla finestra della tua camera, e farti volare verso una versione di te che non sei tu, magari una ragazza sola seduta in un bar anonimo di una città altrettanto anonima o un ragazzo con il naso attaccato al finestrino di un aereo diretto chissà dove.
Adesso, quindi, fai un bel respiro, metti da parte le lamentele e pensa a quei due. Com’è vestita la ragazza del bar? A che pensa il ragazzo in aereo?
Lascia che diventino loro la tua ossessione e che ad occupare la tua mente non siano più i dubbi su di te, ma i dettagli della felpa consumata di lui, il tic nervoso della gamba di lei, l’hostess che si rassetta la camicia e il passante che somiglia vagamente a qualche parente lontano della ragazza nervosa, chissà se è davvero lui.
Parti dai dettagli, perdi anche tutto il giorno riempiendo pagine di quaderno per raccontarmi com’è il bar in cui è seduta lei e quanto è asfissiante l’aereo su cui sta volando lui.
Rispondi a una domanda per volta. Oggi crea il bar, l’aereo, magari anche il paesaggio fuori dal finestrino.
Domani penserai alla casa in cui vive lei e alla città in cui sta atterrando lui. Poi, se ti andrà, penserai ai genitori di lei, alla fidanzata pesante di lui e al cane che ormai è troppo vecchio ma proprio non vuole abbandonare.
Un dettaglio alla volta.
Non ti serve niente di più.
cavolo, sì!!! soffro, piango e mi maledico…non scherzo. La scrittura è per me una terapia, ma non solo: è una necessità! Ottimi i vostri consigli…grazie di cuore!