Negli ultimi anni abbiamo vissuto mesi di silenzio. Mesi di attesa. Riuscire a scambiare qualche parola con il vicino di casa dal balcone, tra un TG e l’altro, ci pareva un gran traguardo.
La socialità ha lasciato il posto all’uso (e abuso) dei social. Oggi però, vorrei concentrarmi sulla metà piena del bicchiere.
Abbiamo ricominciato a scrivere, scriverci, commentarci. Ci siamo ascoltati da lontano e abbiamo tradotto in parole abbracci che non ci era possibile stringere.
Senza rendercene conto siamo stati capaci di modificare il nostro stile di vita, di tornare nei panni di giovani militari innamorati che partivano per la leva o di giovani donzelle rinchiuse nella propria torre in attesa di essere salvate (che poi sia chiaro, nessuna di noi crede ancora nel principe azzurro). Il tutto con l’ausilio della tecnologia che ci ha permesso di risparmiare vite di alberi innocenti e francobolli, e che tra un messaggio whatsapp e l’altro ci permetteva di veder spuntare il faccione della nonna di turno, che con occhio attento indagava sul pranzo della giornata corrente.
ISOLAMENTO CHE VIVI, AMICI CHE TROVI
E così abbiamo trascorso giorni di isolamento, aggrappandoci alla speranza di poter scrivere una storia migliore, alla ricerca costante del contatto. Abbiamo divorato serie tv, libri, cercando di estraniarci da una realtà fatta di solitudine ed incertezza. Ci siamo sentiti vicini a realtà di cui prima ignoravamo l’esistenza, contattando quel cugino di nono grado per sapere se nel suo paesino oltreoceano la situazione fosse vagamente in via di miglioramento. Abbiamo stretto amicizie su gruppi telematici conoscendo solo l’username di mariorossi72, che in quel momento sembrava essere la forma di vita per noi più interessante. Ci siamo collegati senza porci questioni, a scrivere poemi omerici perché comunque nell’altra stanza c’è nostro fratello in DAD e non si può stare tutto il giorno al telefono.
Dunque eccoci qui, confessioni alle 02:00 di notte, “mi manchi” come se piovessero, perché di mancanze ne abbiamo sperimentate tante.
E quante volte avreste voluto fiondare dalla finestra il vostro telefono o quel libro d’amore che citava baci appassionati che per noi erano del tutto vietati?
Per non parlare dell’invidia nei confronti di quei film dove amici abbracciati se ne andavano a zonzo senza mascherina alcuna.
TORNATI A UNA NUOVA NORMALITÀ?
Ad oggi la normalità sembra essere meno distante e tante emoticon sono tornate strette di mano, baci sulla guancia, abbracci sentiti. Personalmente realizzo di aver perso l’abitudine ad esprimermi vocalmente, mi capita di avere incontri e di ritrovarmi poco dopo, appena salita in macchina a cercare le parole giuste da scrivere per rimediare a risposte non date vis a vis. Ciò che so per certo però, è che sono grata ai Sumeri per questo immenso dono della scrittura che ci ha permesso di non perderci, di barricarci nelle nostre case ma di lasciare comunque un piccolo minuscolo spiraglio alle nostre voci che seppur non udibili, sono rimaste leggibili, forti e chiare.
E tu? Come hai vissuto questo periodo di comunicazione a distanza? E come stai vivendo oggi il ritorno al dialogo in presenza fisica?
Io sono d’accordo con chi, come voi, ha deciso di non smettere di trasmettere e di trasmettersi che non è un peccato nè veniale nè mortale. Anzi, diventa il benessere necessario a vivere, per noi che viviamo sempre l’arte della comunicazione che può essere letteraria o musicale o altro ancora.