Percorrendo il cammino che il Premio Vitulivaria sta portando avanti in questi mesi estivi, mentre si avvia lentamente alla scadenza, prevista per il 30 ottobre, e alla luce dei brani di narrativa che stanno arrivando da ogni parte d’Italia all’attenzione del Comitato organizzatore del concorso, non posso che considerare, ancora una volta, l’importanza e la bellezza della scrittura e la forte capacità di temperare i disagi e le difficoltà del nostro vivere quotidiano. D’altro canto, raccontare fa parte della natura dell’uomo e ne costituisce quasi un bisogno primario; l’umanità sarebbe molto diversa se non avesse la consuetudine di esporre le proprie emozioni, le personali esperienze, quelle altrui, e trasferirle su una pagina, per comunicarle e condividerle. Tutto ciò rende gli uomini più uniti e rappresenta, in aggiunta, un arricchimento al proprio personale vissuto. Narrare è probabilmente l’unico modo che l’essere umano possiede per far conoscere un accaduto o la propria storia perché assistere al racconto di una vicenda o scriverla significa sperimentare una vasta gamma di emozioni e di sentimenti scoprendo la possibilità di riconoscerci nelle esperienze degli altri. Dobbiamo considerare, peraltro, che la narrativa è quasi sempre stata, tra generi letterari, quello che ha goduto di maggiore e più durevole popolarità. Julio Cortazar ha paragonato il racconto alla fotografia, una fotografia verbale che comunque scaturisce dalla fantasia di un autore.
Viviamo immersi in un mondo fatto di storie. Jonathan Gottschall, professore di letteratura inglese, nel suo libro L’istinto di narrare. Come le storie ci hanno reso umani (2014) si è chiesto perché, fin dai tempi antichi, l’uomo ha sempre dedicato molto tempo e molto energie a raccontare e a raccontarsi storie. Che cos’è, dunque, che ci spinge irresistibilmente a inventare mondi che non esistono, a leggere i fatti della vita di qualcun altro? Secondo Gottschall, il nostro bisogno di storie è qualcosa che ci identifica come uomini: l’uomo, egli afferma, è un animale che racconta storie. Non può farne a meno: riesce a capire il mondo in cui vive soltanto se lo racconta o se lo fa raccontare. Noi leggiamo o guardiamo le storie degli altri perché attraverso di esse possiamo capire un pezzo del mondo e imparare qualcosa sulle questioni cruciali della nostra vita, quelle che ci riguardano direttamente. È come se, leggendo, ci allenassimo a vivere, perché attraverso le narrazioni altrui sperimentiamo il mondo e impariamo ad abitarlo. Bisogna saperne accettare il valore metaforico, capire cioè che “rappresentano qualcosa attraverso qualcos’altro” sotto una forma diversa. Una narrazione è spesso una finzione o, anche quando un romanzo si riferisce a fatti realmente accaduti, una ricostruzione della realtà con elementi di fantasia e invenzione. Ogni storia chiede di essere accettata e letta perché si narra per essere ascoltati.
A questo scopo, è dalla terza edizione del 2015 che si è compiuto un ulteriore passo in avanti, inserendo una sezione – Sezione C – dedicata alla narrativa,che ha riscosso un’immediata risposta da parte dei numerosi autori che hanno inviato i loro racconti, esaminati da una Giuria preposta e diversa da quella nominata per la poesia. In virtù del successo riscontrato, anche nella settima edizione del premio Vitulivaria, si è pensato di continuare a offire all’autore del racconto vincitore la pubblicazione del proprio testo sulla rivista quiSalento, mensile di eventi, turismo, cultura, tradizioni e attualità, nella rubrica di racconti illustrati “Le storie di qui”. Questo riconoscimento rappresenta un ulteriore passo avanti fatto dal Premio Vitulivaria che continua nel suo intento di concedere sempre maggiori opportunità e visibilità a poeti e scrittori, consentendo di essere conosciuti e apprezzati anche nel panorama letterario.
Concludo citando Fernando Pessoa: “Narrare significa creare, poiché vivere significa soltanto venire vissuto.” – Il libro dell’inquietudine (1982)