Quante volte vi sarà capitato di ritrovarvi frasi incastrate in gola, senza riuscire a spingerle fuori attraverso le labbra? E se quegli stessi pensieri potessero abbandonare la nostra mente incamminandosi verso le nostre dita? Se potessimo toccare con mano quelle paure piccole o grandi che ogni tanto vengono a bussare sulla nostra schiena? Se potessimo osservarle prendere forma sui fogli di un quadernino che decideremo di chiudere in qualche cassetto quando saremo pronti per farlo?
Per me scrivere è stato anche questo: gettare sul tavolo dubbi e andare avanti fino a trovare uno stato di pace interiore, una piacevole sensazione di vuoto. Sì, mi svuoto la testa riempendo pile di fogli.
Ma non sempre abbiamo bisogno di cose ordinate, ordinarie. A volte ci occorre il caos per ritrovarci. Può sembrare assurdo ma un turbinio caotico di pensieri trascritti su carta può portare la serenità dell’ordine nella nostra mente.
Se per esempio c’è quel messaggio che proprio non vedi l’ora di mandare ma ti ritrovi a scrivere e cancellare compulsivamente le stesse tre parole da più di un’ora, prenditi il tuo tempo. Siediti. Carta, penna. Un bel respiro. Cosa è che realmente ti spaventa? Essere giudicata? Non essere compresa? Qual è la cosa peggiore che può capitarti dopo avere premuto il tasto d’invio?
E SE LE PAURE, MESSE NERO SU BIANCO, DIVENTASSERO PIÙ GESTIBILI?
La vita, come la scrittura, è fatta di questo: scelte. Noi scegliamo di stare bene o male. Scegliamo cosa dire, scrivere, e scegliamo come farlo, scegliamo il peso che diamo alle nostre parole.
Sei tu il tuo narratore, il tuo editore, il tuo protagonista.
E non c’è trama più fitta di una vita umana, ma con una buona dose di determinazione ed autoironia non vi sarà sfida che tu, personaggio principale, non possa riuscire a superare.
Lo faccio sempre e sempre uso, come dici nell’articolo, il caos.
Lo faccio come se vomitassi senza stare a pensare cosa e come viene fuori, solo così mi sento libero.
Dopo, magari il giorno seguente, posso anche cercare di dargli un vestito più elegante, ma difficilmente gli calza meglio dell’originale, l’eleganza è scomoda se non ci fa sentire a nostro agio.
Marcello Favale